Psicologia della Bisessualità: Come Nasce, Si Vive e Si Comprende l’Identità Bisessuale

L’Autenticità della Bisessualità: Un Orientamento con Radici Biologiche.
La bisessualità non è una fase né una confusione, ma un orientamento genuino e profondamente radicato, con basi complesse che coinvolgono genetica, ormoni e struttura cerebrale. Studi scientifici hanno evidenziato come varianti genetiche associate a comportamenti bisessuali siano anche collegate a tratti legati alla propensione al rischio e a una maggiore numerosità di partner sessuali. Questi elementi suggeriscono una componente ereditaria e biologica, benché non esclusiva: fattori ambientali, cognitivi e culturali svolgono un ruolo fondamentale nell’esperienza individuale .
Un altro filone di ricerca ha analizzato le esposizioni prenatali a ormoni mascolinizzanti, suggerendo che tali condizioni possano favorire inclinazioni non esclusivamente omosessuali, ma anche bisessuali, soprattutto nelle donne. A livello neurologico, alcune ricerche preliminari evidenziano correlazioni tra determinati tratti cerebrali e orientamento sessuale, sebbene tali correlazioni richiedano ancora approfondimenti .
È fondamentale evidenziare che la bisessualità non rientra in un’unica categoria: alcune persone hanno un orientamento più vicino all’eterosessualità, altre verso l’omosessualità, ma entrambi gli aspetti sono autentici e legittimi. Ridurre la bisessualità a un comportamento o a un capriccio sminuisce la sua profondità e la sua complessità, come confermato dalle linee di ricerca sul continuum sessuale umano.
In sintesi, l’orientamento bisessuale è una realtà organica, supportata da evidenze biologiche (genetiche, ormonali, neurologiche), cognitivo-affettive e sociali, e non una semplice postura culturale o una moda. È parte integrante della varietà umana, meritevole di riconoscimento e rispetto.
Discriminazioni: Il Doppio Pregiudizio Verso i Bisessuali
Le persone bisessuali spesso affrontano una doppia discriminazione: da parte della società etero-normativa e all’interno stessa della comunità LGBTQ+. Questo fenomeno è noto come “double discrimination” o "binegativity". Numerosi studi documentano come chi si identifica bisessuale subisca micro aggressioni, stereotipi di iper‑sessualità o inaffidabilità, e un’invisibilizzazione sistematica, indipendentemente dal genere .
In molti contesti LGBTQ+, la bisessualità viene considerata un “passaggio” verso l’omosessualità o una fase confusa, negando l’identità stessa. Questa invisibilità interna, chiamata bi‑erasure, causa isolamento, scarsa appartenenza e senso di estraneità, indebolendo le reti di supporto protettive . Anche da parte di eterosessuali arrivano giudizi: “non sei davvero gay, non sei davvero etero”, caricando di sensi di colpa, dubbio e vergogna. Questa doppia esclusione incide profondamente: aumenta il rischio di depressione, ansia, disturbi alimentari e tendenze suicide . Secondo il Minority Stress Model, le persone bisessuali vivono stress cronico sia da discriminazione esterna sia da internalizzazione degli stessi pregiudizi.
Quando la comunità interna perpetua stereotipi (“sei solo confuso”, “tradirai il partner”), questo processo di internalizzazione intensifica l’impatto psicologico.
La biphobia interna può manifestarsi anche in ambienti LGBTQ+ frequentati da persone bisessuali, con commenti che svalutano la loro attrazione, pressioni velate a “scegliere da che parte stare”, oppure insinuazioni sulla loro fedeltà. Alcuni studi riportano che questa esclusione porta a un senso di “non essere abbastanza” né etero né gay, compromettendo autostima e benessere emotivo .
In sostanza, la bisessualità è spesso vittima di un fenomeno doppio: marginalizzazione dall’esterno e invisibilizzazione dall’interno. Questo duplice rifiuto compromette relazioni personali, supporto comunitario e accesso a risorse psicologiche, aggravando problematiche di salute mentale.
Quando l’Identità Pesa: Superare Ansia e Stigma con Educazione e Supporto
La combinazione di discriminazioni esterne e interne genera un carico emotivo significativo. Le persone bisessuali riportano tassi superiori di ansia, depressione, disturbi alimentari, e comportamenti autolesionistici rispetto sia agli eterosessuali sia agli omosessuali . La teoria dello stress minoritario spiega come stress prolungati (come stigma, isolamenti e richieste di “scelta identitaria”) agiscano sul corpo e sulla mente, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, pressione alta, disturbi psicosomatici come emicranie o problemi gastrointestinali .
Tuttavia, la ricerca è chiara: quando la bisessualità diventa visibile, accettata e supportata, il benessere migliora. Video, iniziative per la consapevolezza, narrazioni positive e rappresentazioni accurate contribuiscono a ridurre stigma e autoreclusione .
Il supporto specifico – come gruppi bi-affirming, terapia con professionisti sensibilizzati, reti di pari – offre strategie di coping più efficaci, mitigando ansia e depressione. L’educazione, sia nelle scuole sia nella comunità, aiuta a contrastare stereotipi riguardo fedeltà, legittimità e coerenza dell’identità bisessuale .
Inoltre, politiche inclusive e misure contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro, scuole, strutture sanitarie, e la rappresentazione nei media, creano ambienti più sicuri dove vivere autenticamente, riducendo lo stress cronico. Il senso di comunità e di appartenenza è tra i fattori più potenti: tende a rafforzare la resilienza, diminuisce il senso di solitudine e migliora la qualità di vita.
In sintesi, la bisessualità può essere associata a livelli elevati di disagio mentale e fisico, ma non è una condanna: percorsi di visibilità, supporto mirato, educazione e inclusività rappresentano leve efficaci per favorire un vivere autentico e salutare.